GUSPINI
Dal nostro inviato Lello Caravano Montevecchio Ciak, azione. Il figlio di Bakunìn è tornato in miniera. Scenderà nelle gallerie, si calerà nel buio, scaverà la terra alla ricerca dei filoni di piombo e zinco. Sentirà di nuovo l’odore della terra bagnata e la sua fatica sarà accompagnata dagli squarci della dinamite e dal ritmo della perforatrice. Berritta e canottiera annerite, accompagnerà i turisti alla scoperta di Montevecchio, cento chilometri di gallerie, un filone esteso 15000 metri, un pozzo che scende a meno 350: l’area mineraria meglio conservata, un museo del sottosuolo unico al mondo, secondo la definizione della direttrice del Museo britannico del carbone che alcuni anni fa visitò il complesso. film-documentoPer uno dei gioielli dell’archeologia mineraria isolana la rivoluzione è già cominciata, sotto i riflettori della troupe del regista Gianfranco Cabiddu, che guida gli attori e le comparse tra la sala blu della direzione e il castelletto merlato del pozzo Sant’Antonio, ben restaurato. Per una settimana la grande miniera sarà trasformata in un originale set cinematografico. Si gira un film-documento sulla vita che ha segnato la storia di Guspini e Arbus.
Un film con un doppio obiettivo:
sarà proiettato nelle sale e accompagnerà passo dopo passo i visitatori che si avventureranno nel dedalo della gallerie, mentre quel Parco Geominerario che doveva segnare la rinascita storico culturale degli impianti dismessi resta sulla carta e gli operai destinati al recupero vengono impegnati a pulire spiagge e marciapiedi. turisti-minatori Entrare nel cuore della miniera meglio preservata dell’Isola sarà come vedere uno straordinario film a fianco dei minatori, delle cernitrici, delle loro famiglie. «Montevecchio non diventerà un museo tradizionale. Sarà davvero una miniera di emozioni, un set cinematografico che porterà i visitatori dentro la vita di chi lavorava qui», spiega Cabiddu, che ha ricevuto dall’amministrazione comunale di Guspini l’incarico di girare il film-documento. Sedilese trapiantato a Roma, il regista ha fatto rivivere sullo schermo le pagine del Figlio di Bakunìn dello scrittore Sergio Atzeni, girato tra Piccalinna e la laveria Principe Tomaso. Insomma è di casa tra gallerie e pozzi e lo si capisce mentre guida le duecento comparse scelte tra oltre seicento che hanno fatto la fila per prestare il loro volto, il loro nome in un documento che celebra la storia dei padri e dei nonni. rumori e vociDunque entro l’anno Montevecchio rivivrà. «Chi entrerà qui si calerà in un mondo sconosciuto che gli verrà svelato piano piano», spiega l’ingegnere Marco Piras incaricato degli allestimenti. Non ci saranno né salette per proiezioni né brevi saggi sui minerali. «Sarà come fare un viaggio a ritroso in giornate che non esistono più. Si comincia dagli spogliatoi. Mentre il visitatore indossa tuta e casco – incalza Cabiddu – si sentiranno le voci degli operai, spot che parlano degli uomini e delle donne che hanno fatto queste gallerie. È questa l’idea che stiamo trasformando in realtà, è questo il nostro modo per far sentire viva la miniera». colonna sonora Una sorta di colonna sonora accompagnerà i turisti, anche nelle gallerie.
Ci saranno suoni, rumori, i compressori verranno rimessi in funzione, si vivrà il buio e l’emozione del ritorno alla luce. Lungo il percorso tante sagome si animeranno per far sentire le loro storie ai visitatori. Niente pacchianerie, né disneyland in versione mineraria. Un’idea rigorosa, che parte da una sceneggiatura reale: una famiglia di contadini sul lastrico che decide di cambiare vita per entrare nel mondo sconosciuto dell’industria, del lavoro sotto terra. Da qui si snoda il percorso cinematografico-turistico di Montevecchio. «Stiamo investento tante energie nel progetto – dice il sindaco Tarcisio Agus – per noi è un impegno gravoso, è la prima volta che un’amministrazione si cimenta in un’impresa così originale. Ma siamo contenti, c’è un grande entusiasmo da parte di tutti. Vogliamo trasmettere ai visitatori sensazioni nuove: devono smettere i panni del turista e indossare quelli del minatore. È una scommessa grande: su Montevecchio ci sono in ballo finanziamenti per 40 miliardi di vecchie lire». straordinaria partecipazioneTrecentomila euro sono stati investiti nell’operazione la miniera come un set (in gran parte fondi dell’Unione euroepa), un altro contributo verrà chiesto al ministero dei Beni culturali per completare il film e distribuirlo. Costa tanto l’operazione rinascita ma a sorprendere è la straordinaria partecipazione di Guspini e dei centri vicini: in questo senso, davvero, la miniera che ha sfamato intere generazioni continua a vivere. Nel piazzale di Piccalinna c’è un fervore, un’animazione che stupiscono. Tra riflettori e cineprese, le comparse si muovono con naturalezza. È sorpresa anche Aurora Aru, direttore del casting, arburese, impegnata da anni nel festival tra le miniere con Carpe Diem (il 31 agosto qui si esibirà Capossela): «Si sono presentate 600 persone, giovani, anziani, donne. Tutti motivatissimi. Nessuno ha chiesto quant’era la paga, l’importante era partecipare al film». studenti e disoccupati Un gruppo di comparse è fermo davanti al pozzo Sant’Antonio. Una ventina di giovani è appena uscito dalla sala trucco. Attendono pazienti. Sono studenti o disoccupati: Federico Saba, Fausto Locci, Valentino Vargiu, Walter Solinas, tutti di Guspini, Filippo Mereu di Arbus. «Dobbiamo girare la scena della protesta all’ufficio di collocamento – dicono – quando i sardi cacciano i veneti. Siamo figli o nipoti di minatori, fieri di partecipare a un film che darà a Montevecchio una seconda vita. Uno dei pochi modi per creare lavoro qui è investire in cultura, ambiente, teatro». fabbri e falegnami Guspini si è mobilitata, come sempre, quando si parla di Montevecchio e delle miniere. Chi può, dà una mano.
Lavorano i falegnami, i fabbri, Walter Piras, giovanissimo mago della cartapesta di San Gavino, ha contribuito a realizzare un fornello alto quindici metri che sembra vero. Si corre da una parte all’altra. Ugo Atzori, presidente di Sa Mena, attivissima associazione di ex minatori, porta sul set due scatoloni con i lampadari originali degli uffici della miniera: «Li avevamo portati via, salvandoli dai vandali». Da Piccalinna alla galleria Anglo-sarda (con le stalle per i muli e le spettacolari concrezioni di cristalli di calcite) alla laveria dell’Ottocento alla vecchia falegnameria è tutto un brulicare di comparse e curiosi. «Mezzo paese avrebbe voluto partecipare anche gratis per marcare l’attaccamento ideale e familiare, perché qui c’è la storia di un popolo non di questo o quel personaggio», afferma l’assessore comunale alle Attività produttive Francesco Marras, impegnatissimo nell’organizzazione di Arresojas la sesta edizione della biennale del coltello sardo che si annuncia particolarmente ricca. Ciak, si gira: la rinascita di Montevecchio.
Fonte L’UNIONE SARDA Giovedì 29 luglio 2004
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